Turandotte (2000)

La locandina

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credits

da C. Gozzi e R. Simoni

adattamento e regia Mario Bernardini

scene e costumi: Donella Garfagnini

musiche originali: Paolo Tommasi

disegno luci: Gianluca Orlandini

con: Kim Amelotti, Maurizio Canovaro, Sergio Cini, Martina Gianfaldoni, Erika Gori, Stefano Maganzi, Gianluca Orlandini

luci e suono: Cristian Soldateschi

Con la messa in scena di Turandotte si sono intrecciati i fili delle varie esperienze compiute negli anni dal gruppo: la drammaturgia settecentesca e la Commedia dell’Arte, l’opera in musica, la favola teatrale e la tragedia, la mescolanza dei generi.

Alla base sta, ovviamente, la fiaba della principessa crudele che sottopone a prove mortali i suoi pretendenti; quella stessa invenzione che Carlo Gozzi fece  per il teatro veneziano che Goldoni stava rinnovando. La rielaborazione drammaturgica a cura di Mario Bernardini, che firma anche la regia, ne mantiene l’idea centrale, che vuol mettere a contrasto personaggi (e situazioni) di genere diverso: il sublime e il comico, che per l’autore veneziano erano una scelta di conservazione di contro alla nascente commedia borghese, ma che per tutto il Novecento è stata magico esempio di contaminazione, opera aperta a molte forme di sperimentazione.

Da Gozzi sono stati dunque derivati i personaggi nobili (Turandotte, Calaf, Altoum, Barak), il loro modo di esprimersi alto ed intonato, in endecasillabi sciolti, la stessa presenza delle maschere della commedia  all’Improvvisa. I personaggi di Lecchino e Smeraldina, i comici servitori, derivano invece da una precedente esperienza del Teatro dell’Aglio, perché le maschere utilizzate da Gozzi non erano funzionali ad un intreccio che deriva, senza seguirlo pedissequamente, dal melodramma di Puccini e dal libretto di Simoni.  A questi ultimi infatti risalgono gli enigmi e la motivazione ad agire di Turandotte, la presenza (sarebbe più preciso dire il nome) di Liù. 

Il trattamento di questo personaggio è infatti completamente originale, con funzione all’interno dell’intreccio altra da quella  pucciniana: in lei gli amanti del melodramma non troveranno la schiava dolente e innamorata – ma non aggiungiamo altro per non togliere quel che speriamo sia motivo di sorpresa.

Lo spettatore non si deve neppure attendere le musiche di Puccini quale colonna sonora. Se ne possono cogliere gli echi nelle raffinate elaborazioni di cui Paolo Tommasi ha tramato la propria composizione, scritta appositamente per questo spettacolo.

 


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